Ansia da prestazione? Si, grazie

“La maggioranza dei problemi non deriva dalle risposte che ci diamo

ma dalle domande che ci poniamo.”

Giorgio Nardone

Esploriamo una delle richieste più frequenti degli atleti che decidono di chiedere supporto ad un coach professionista per migliorare le proprie performance: gestire l’ansia da prestazione.

Lo stato d’ansia che ogni atleta prova prima di una competizione, è riconducibile al driver emotivo della paura che, come nostra emozione primaria, ha una funzione ben precisa: allertare e permettere all’organismo di fronteggiare situazioni di pericolo, presunte o reali, incrementando la sua capacità di gestire la realtà e di sopravvivere.

Solitamente l’atleta si rivolge ad un mental coach quando questo stato di attivazione psicofisica (palpitazioni, sudorazione, secchezza delle fauci, gambe pesanti ecc.) non è funzionale alla performance ma diventa bloccante e rischia, non solo di rallentare la capacità dello sportivo di concentrarsi, facendolo entrare in gara “come se fosse un diesel” ma addirittura di farlo sentire paralizzato, impedendo l’espressione della sua prestazione.

L’atleta subisce questo stato di attivazione che percepisce come bloccante e chiede l’intervento del coach per eliminarlo.

Lavoriamo in primis sull’indagine per capire le modalità di funzionamento del blocco e le percezioni dell’atleta ed arriviamo ad una scoperta illuminante per l’atleta, una sorta di “effetto èureka: lo stato di attivazione prodotto dall’adrenalina, emozione attivante e sorella minore della rabbia, non va eliminato ma va ricalibrato e cavalcato, per poter emergere in modo funzionale durante la competizione.

Il primo passo è un cambio di prospettiva, una ristrutturazione funzionale ad alleggerire il carico emotivo e percettivo, attraverso cui l’atleta scopre nell’adrenalina non è una nemica da combattere ma un’alleata da gestire: l’adrenalina sta all’essere umano, come il carburante sta al motore.

Autore: Chiara Salviato – Business & Mental Coach

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